AGCOM multa Google per 700 mila €

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L’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) da una multa a Google di 700 mila € per non aver rispettato il divieto di fare pubblicità sul gioco d’azzardo.

Ma, come vedremo in questo articolo a cura dei nostri esperti di settore, il colosso di internet non è l’unico a essere stato colto in flagrante. 

Andiamo quindi a scoprire cosa è successo nel dettaglio, e a chi altro l’AGCOM ha inflitto una multa salata. 

Indice

Cos’è l’AGCOM?

AGCOM, l’ente che multa Google per 700 mila € per aver permesso pubblicità sul gioco d’azzardo, è il responsabile italiano delle comunicazioni. 

È un’autorità indipendente creata in Italia con la legge 294 del 1997 e il suo compito è quello di assicurare che gli operatori competano in modo corretto, oltre che quella di tutelare gli utenti finali. 

Svolge funzione di controllo e regolamentazione in settori come l’editoria, le poste, nel settore audiovisivo, di internet e delle telecomunicazioni. 

I motivi per cui AGCOM multa Google

AGCOM multa Google per aver violato i regolamenti vigenti in Italia relativi alla pubblicità sul gioco d’azzardo. 

Il motivo è che in alcuni canali dell’agenzia Top Ads su YouTube, che è di proprietà di Google, sono stati pubblicate delle pubblicità che violano il “decreto dignità”, ovvero il decreto che viola la pubblicità sul gioco d’azzardo. 

L’AGCOM ha ritenuto responsabile Google in quanto aveva dato al canale Spike di Top Ads lo status di “partner verificato”. Con questo status, infatti, YouTube aveva automaticamente reso Google stesso responsabile del controllo sui contenuti pubblicati dal canale. 

Ma Google non è l’unico ad aver ricevuto una multa da AGCOM

L’AGCOM multa Google per 700 mila €, ma allo stesso tempo multa anche l’agenzia pubblicitaria che ha violato il “decreto dignità”

Infatti, anche Top Ads, l’agenzia del canale Spike, ha ricevuto una sanzione di un valore, oltretutto, più elevato che Google. 

Top Ads dovrà ora pagare una cifra pari a 750 mila €, ovvero 50 mila € in più rispetto a Google. Le ragioni sono le stesse di cui è accusata la famosa azienda proprietaria di YouTube e del più famoso motore di ricerca al mondo. 

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